Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara

Un percorso di straordinaria bellezza ambientale, ma anche di emozioni umane. Questo offre la Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara

Archeologia industriale, percorsi ipogei quasi speleologici, resti architettonici che sembrano cattedrali scheletriche, palazzi in stile liberty. Poi spiagge con dune da far invidia al Sahara, mare turchino, macchia mediterranea, anfratti, montagne e poi pianure. Questo offre la Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara.

Ma in questo luogo siamo in presenza di molto più che tangibili cose, tra natura e architettura, qui siamo al cospetto di storie umane. Storie di sopravvivenza, drammi di lavoro, lotta e riscatto. Qui la Sardegna, stretta in passato tra una bellezza che non portava ricchezza e dal colonialismo che l’ha sempre afflitta, ora trova affrancamento, ma soprattutto l’orgoglio e la gioia per questa immensa meraviglia.  Tutto questo senza dimenticare di conservare la memoria di genitori e nonni, fino agli avi, che in quelle miniere hanno sofferto e spesso lasciato la vita.

 

Questa premessa era necessaria per spiegare un percorso che non può essere affrontato solo con lo scopo di qualche scatto o qualche selfie, anche se la natura ha incredibilmente assorbito la durezza degli insediamenti industriali, inglobandoli come monumenti in un immenso giardino.

Attraversare quindi la Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara è un’esperienza al limite del misticismo, ma anche una presa di coscienza politica ed esistenziale. La durezza del lavoro in miniera non si è estinta, si è solo trasferita presso popolazioni più povere, anzi diremmo in miseria.

Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara

Le 9 tappe della Ciclovia sono minuziosamente descritte sul sito della Fondazione del Cammino Minerario di Santa Barbara. Qui si troveranno 26 tragitti frutto delle diverse varianti per tappa. La Ciclovia in totale è lunga 500Km. 

Per ogni tragitto c’è il luogo di partenza e arrivo, la lunghezza in chilometri, il livello di difficoltà, il dislivello in salita e quello in discesa. Non manca per ogni percorso il file GPX da scaricare e l’App della Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara, con cui prenotare anche i pernottamenti e il cibo.

Sì, perché lungo la ciclovia è possibile fermarsi a dormire presso le strutture gestite dalla Fondazione o convenzionate, a prezzi convenienti. Sono quindi 9 i punti tappa ed è necessario prenotarsi con anticipo ed è assolutamente imprescindibile dotarsi delle credenziali, che possono essere acquistate al costo di 5 euro per pedalatore, direttamente presso la sede della Fondazione in Via Cattaneo, 70 Iglesias (SU), aperta dal lunedì al venerdì dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 16:30.

In alternativa possono essere acquistate on line https://www.camminominerariodisantabarbara.org/credenziali-2/

Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara

Tra le cose da fare prima di partire, oltre ad accreditarsi c’è da scaricare il file con le indicazioni di sicurezza e i consigli https://www.camminominerariodisantabarbara.org/wp-content/uploads/2023/10/Sicurezza-e-consigli-2023.pdf

Senz’altro utile scaricare l’App ufficiale del Cammino di Santa Barbara, disponibile per i diversi sistemi operativi e magari come sicurezza anche L’App GeoResq, che geolocalizza e dà la possibilità di lanciare una richiesta di aiuto rapidamente.

Come detto, oltre all’incanto degli straordinari tratti costieri e la selvaggia armonia delle campagne, ci hanno molto colpito gli insediamenti estrattivi. Le persone che abbiamo incontrato si dibattono tra nostalgia e tormento, per un’epoca che ha segnato il territorio non solo nell’aspetto, ma anche negli animi di quanti sono ancora testimoni di quel periodo e quanti ne hanno ereditato i racconti. Ecco quindi narrazioni drammatiche di feroci vessazioni padronali, alternarsi a descrizioni di un’imprenditoria più etica. Dalle miniere praticamente schiaviste gestite da nobili ottocenteschi, spesso stranieri, fino a imprenditori che hanno portato scuole e ospedali. Il tutto inframezzato da lotte operaie spesso sanguinose, per la riduzione degli orari di lavoro e gli incrementi salariali.

Da sottolineare che qui si tennero le prime rivendicazioni operaie a livello italiano ed europeo.

Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara

In questa contraddizione, tra nostalgia e rabbia, c’è in tutti quelli che abbiamo incontrato lungo la ciclovia, la consapevolezza di una nuova era, di un potenziale immenso e l’orgoglio di essere sardi. Eredi di popolazioni antiche e resistenti (il termine resiliente sarebbe, oltre che inflazionato, anche riduttivo). E questa consapevolezza si riverbera nella cura del territorio, nella valorizzazione delle tradizioni, nella serena accoglienza degli ospiti, purché siano rispettosi. Non c’è la ricerca del turismo di massa, ma nemmeno di una élite economica che in altre parti ha snaturato la vera essenza sarda. Qui si accoglie il viaggiatore, quello curioso e rispettoso. A lui si aprono le porte di una cordialità che fino a qualche decennio fa sembrava improbabile. Quella cordialità che è segno di una trasformazione nella gente sarda: non più rancore, ma consapevole orgoglio per una terra che è un patrimonio di cui tutti devono prendersi cura.

Se avete intenzione di intraprendere questa esperienza, preparatevi a emozioni forti.

Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara

Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara, la nostra esperienza

Pedalare lungo costa, con l’odore di salsedine, di rosmarino e mirto che si mescolano è un sogno, soprattutto per chi vive lontano dal mare. Luoghi come Pan di Zucchero, Scivu, Piscinas, Buggerru, lasciano negli occhi i colori smeraldo del mare, in contrapposizione con i colori della costa spiovente, di spiagge o di piccoli scogli.

Leggeri saliscendi, ma anche qualche bella pendenza, dove le E-Bike si fanno apprezzare. Un occhio alla batteria e uno al percorso, guardando più in là delle ruote, con il cuore che batte forte per l’emozione più che per la fatica.

Verso l’interno occorre accortezza, qualche sasso smosso, un passaggio più stretto, un tratto di asfalto da attraversare, dove per fortuna i veicoli sono pochi.

Alcune cose viste

 Il Borgo di Genna Serapis a Montevecchio

Per comprendere addentriamoci nella storia di questo luogo. Il borgo di Montevecchio, sviluppatosi attorno alla miniera attivata nel 1848 da Giovanni Antonio Sanna, fu un importante centro minerario per l’estrazione di piombo e zinco, con l’attività che proseguì fino alla chiusura nel 1991. Gli impianti si dividevano nei settori di Levante e Ponente, separati dal passo di Genna Serapis, dove si trovava il nucleo centrale del borgo, comprendente edifici simbolo come la direzione, l’ospedale, le scuole, la chiesa e il dopolavoro. Questi edifici, costruiti in diversi periodi, riflettevano stili architettonici differenti, dal Liberty al Razionalismo, rappresentando il gusto dell’emergente borghesia per l’arte classica e moderna.

La palazzina della Direzione o Palazzo Sanna Castoldi

Montevecchio non era solo un centro minerario, ma anche una comunità autosufficiente con innovativi servizi per i lavoratori e le loro famiglie. Le scuole offrivano istruzione di base e professionale, mentre l’ospedale garantiva cure mediche immediate, fondamentali in un ambiente di lavoro pericoloso. L’azienda organizzava colonie estive per i figli dei dipendenti, permettendo loro di trascorrere del tempo in ambienti più salubri, lontano dall’inquinamento. Oltre a ciò, il dopolavoro offriva spazi per il tempo libero, incoraggiando la socializzazione e migliorando la qualità della vita dei lavoratori, contribuendo a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità mineraria.

La “Sala Blu” del Palazzo Sanna Castoldi

Nel piazzale Rolandi, dal nome dell’amministratore delegato di Montevecchio dal 1946 al 1966, sulla destra si trova la palazzina della Direzione o Palazzo Sanna Castoldi.  Questa, assieme all’attigua chiesa di Santa Barbara, è visitabile su appuntamento. Adibita inizialmente a ospitare gli uffici della direzione della società mineraria e l’abitazione della famiglia Sanna-Castoldi fino al 1933, fu in seguito interamente destinata all’attività amministrativa. Al suo interno è possibile rivivere i fasti della borghesia ottocentesca e, all’ultimo piano, le modeste condizioni di vita della servitù. Fiore all’occhiello è la “sala blu”, blu come il colore delle tappezzerie, espressione di un gusto raffinato.

Non distante ci sono gli apparati minerari con diverse strutture visitabili e una interessante galleria da percorrere ovviamente a piedi.

Estremamente evocativa delle condizioni di lavoro in miniera è egregiamente narrata dalle guide che accompagnano i visitatori in questa immersione nelle viscere di una miniera, che seppur messa in sicurezza, mantiene intatte le sensazioni di quell’epopea umana.

Tra le cose da vedere

  • Il palazzo della Direzione
  • Le Case, le stalle e i depositi minerari
  • La Galleria Anglosarda

Per info e appuntamenti

Miniere di Montevecchio

Piazzale Rolandi

Loc. Montevecchio – Guspini (SU)

Centro Operativo Lugori
Tel. 338 4592082

Infopoint Montevecchio
Tel. 070 9760215

https://www.minieradimontevecchio.it

Di pedalata in pedalata l’arrivo ad Arbus ci riserva due interessanti imperdibili musei.

Museo Antonio Corda Arti e Mestieri Antichi della Sardegna

Si tratta di un museo che racchiude tutte le antiche attività produttive del luogo e della Sardegna più in generale. Ben diverso dai musei contadini è un’immersione storica in un mondo d’altri tempi, con tutte le arti e mestieri ben rappresentati.

La prima abitazione conserva ancora elementi originari come le forreddas (antichi fuochi per cucinare), un forno per il pane, due caminetti, e un piccolo spazio con lavandino per conservare le brocche d’acqua e per l’igiene personale. Le porte di legno e i pavimenti in cementine sono anch’essi originali. Durante i lavori di ristrutturazione, non sono stati trovati oggetti particolari, eccetto una vecchia mola asinaria, rinvenuta spezzata nella prima abitazione, in seguito restaurata parzialmente e oggi collocata nel cortile del museo.

Museo Antonio Corda

Via Giardini, 1

Arbus (SU)

Tel. 3358118720

Il museo del coltello sardo

Eccoci al cospetto di un personaggio interessante e avvezzo alla parola: Paolo Pusceddu. Qui si fabbricano a mano i coltelli tradizionali sardi. Anche per questo luogo facciamo un po’ di storia. Il coltello sardo “Arburesa” prende il nome da Arbus, cittadina sede del museo. Questi coltelli, riconoscibili per la loro forma e lavorazione, sono realizzati rispettando la tradizione e mantenendo un’attenzione all’uso pratico, creando strumenti resistenti ed efficienti. La fama internazionale di questa tradizione è merito dei fratelli Paolo e Francesco Pusceddu, coltellinai e artisti.

Paolo Pusceddu.

Paolo, nel 1977, fonda la coltelleria “l’Arburesa” e trasforma antichi coltelli in opere d’arte. Entrambi i fratelli hanno ereditato la passione dal padre Mario, sviluppando doti artistiche che si riverberano nella fabbricazione di singolari coltelli e decorazioni. Paolo ha, davanti i nostri occhi, realizzato in pochi minuti un manico a forma di testa d’aquila in osso.

Museo del Coltello Sardo

Via Roma, 15

Arbus (SU)

Tel. 349 0537765

Appena riguadagnata la strada non vi resterà che immergervi nuovamente sui tratti sterrati attorniati da una rigogliosa vegetazione mediterranea. Si fatica su questo percorso? Sì, sempre vogliate risparmiare un po’ di batteria. Le tappe hanno difficoltà differenti e vanno affrontate sempre con consapevolezza, senza mai lasciare i tracciati.

La ciclovia già per il prossimo anno avrà comunque diversi punti di ricarica, ma è bene fare sempre affidamento su un uso oculato dell’energia vostra e della bici.

Programmate, prendendo il tempo per soste rinfrancanti, magari per una visita a un museo ed evitate di muovervi con scarsità di luce. Portare sufficiente acqua e un kit di riparazione ruote dovrebbe essere scontato, ma vogliamo ricordarvelo. Non rimane che augurarvi buon divertimento.

Siete nel punto più “esaltante ed emotivamente esplosivo” della Sardegna, degno del nome Santa Barbara…

testo Claudio Falanga

foto Claudio Falanga – Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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